Come sapete da un po’ di mesi a questa parte abbiamo deciso di parlarvi sul blog delle nostre esplorazioni urbane, che trovate nella categoria Urbex . Insieme ai nostri amici fotografi Ishan Photo ed Esadaly andiamo alla scoperta di luoghi abbandonati ma che, per un motivo o per l’altro, sono riusciti a mantenersi pressoché inalterati nel corso degli anni.
La nostra ultima esplorazione in ordine cronologico è stata quella in una villa che viene chiamata solitamente “casa del chimico“. Complice questo nome ci aspettavamo di trovarci provette, becher o comunque attrezzi del mestiere che lo giustificassero. Non abbiamo trovato niente di tutto questo bensì un gran numero di bottiglie di liquori ed una mobilia che ci ha ricordato gli anni ’30.
Mentre i nostri amici fotografi cercavano la luce giusta per i loro scatti noi rovistavamo dappertutto alla ricerca di qualche informazione sui vecchi abitanti della casa. Dopo una mezz’ora buona ecco quello che andavamo cercando: encomio di una scuola locale che ringraziava una professoressa per il lavoro svolto come insegnante di chimica.
Ecco il motivo del nome della villa che però abbiamo tenuto a rinominare “casa della professoressa” per rendere maggior giustizia alla sua abitante.
Al di là della mobilia le stanze sono affrescate con il gusto di almeno 70 anni fa, un po’ liberty un po’ barocche (a tratti pacchiane). Le pareti, leggermente scrostate, e i calcinacci in terra tradiscono quella che in realtà sembrerebbe una conservazione a tratti perfetta.
Quello che ci stupisce sono le stanze al secondo piano. Qui sembra che nessuno abbia messo più piede dopo il passaggio di un uragano. Tutti i pavimenti sono ricoperti da centinaia di libri e, per raggiungere gli altri vani, si è costretti a calpestarli. Davvero inspiegabile.
Ecco alcuni nostri scatti della “casa della professoressa”:
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